L’HOMME QUI MARCHE – Farid Ounchiouene / Fiodor Dostoïevski

 

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Ispirato alla celebre scultura di GiacomettiL’homme qui marche diventa il titolo della nuova creazione di Farid Ounchiouene, qui coreografo-danzatore-attore.

Farid riunisce tre danzatori (Ezio Schiavulli, Nikola Krizkova, Eddy Cadiche), un musicista (Olivier Samouillan), indossa i panni del personaggio centrale e con una perfetta miscela di testo, musica e movimento crea e da forma alla figura di un essere umano solo, alienato, malato…

l’incarnazione della condizione umana che riflette la difficoltà di entrare in relazione con gli altri, noi stessi.

Il ritmo sulla scena è incalzante, mantenuto vivo dalle parole e dal movimento ; i percorsi dei corpi in scena fanno eco al protagonista, ne sottolineano i sentimenti, il suo stato d’essere intrinseco, il suo turbamento.

Una danza fisica che diventa a volte lotta, a volte sostegno, a volte contatto.

A volte grido di rabbia… o di aiuto.

Corpi pieni che creano volumi, forme, ritmo in un continuum in movimento.

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E’ così enorme e potente l’energia che possediamo, questo animale che abita il nostro corpo è fatto per muoversi, per danzare, per creare…l’essere umano non è creato per la distruzione.

  …… dalla nostra corrispondente parigina Susanna

MINNI E MOLLY VITA DA URAGANI – Teatro No’hma

uraganoAl teatro No’hma prima che lo spettacolo abbia inizio ci si ambienta in una bella atmosfera. E’ bello vedere una platea così varia e curiosa, e scrutare ogni piccolo angolo di questo luogo. Forse un po’ troppo sconosciuto. Non avrei mai pensato….. andare a teatro e imparare come e perchè prende vita un uragano. Lo spettacolo nasce da una musica, quella de “I Voli al Vento” che sono parte integrante della storia. Non due attori, ma due uragani sarcastici, dall’ironia pungente. Non delle semplici danzatrici, ma delle forze della natura…..perchè se fossimo natura come sarebbero i nostri movimenti? cosa direbbero i nostri corpi?

Abbiamo chiesto a una delle tre danzatrici, Susanna, la nostra corrispondente parigina, se si sente di avere qualcosa in comune con un uragano. Susanna risponde “la forza innata”. L’energia di un uragano è quella che ha la forza di spazzare via tutto, a volte è quella di portare a distruzioni anche molto gravi. Ma a volte l’uragano non porta a nessuna irreparabile conseguenza….. a volte potrebbe essere solo un la possibilità di voltare pagina. E quello che resta usciti dal teatro è…. potremmo fare qualcosa per evitare le conseguenze disastrose di un uragano?

Ma uscite da teatro,  Susanna risponde così alle domande curiose di mooveo.

  •  Susi, cosa hai messo nella “valigia” dello spettacolo?

Ho messo in valigia la voglia di danzare che da un pò di tempo voleva uscire e farsi un giretto…o forse più di uno.  In più porto con me, gli incontri sempre meravigliosi che si fanno grazie a questo mestiere, incontrare artisti con cui confrontarsi e condividere i propri mondi che seppur differenti hanno molto in comune.”

  • Perchè Parigi, manca qualcosa all’Italia?

Parigi perchè me ne sono innamorata da quando ci ho messo piede per la prima volta e mi sono detta: è qui che voglio studiare. Perchè è una città che mi da molti stimoli creativi, ti ci perdi è vero ma poi ti ritrovi. All’Italia manca fondamentalmente la vita, qualcosa che muove.”

  • E nel tuo futuro cosa vedi?

E’ una bella domanda, tosta. Fino a poco tempo fa avrei dato delle risposte che ora ho un po’ perso, o meglio, che si stanno trasformando, staremo a vedere. Il movimento è, appunto, trasformazione.”

Grazie al Teatro No’Hma che ci ha regalato  stimoli creativi. Grazie a Susanna per la sua disponibilità.

 Uno spettacolo tratto dalla rassegna «L’uomo, la natura e il progresso»

That’s my Job – No Parking Company

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Solo la volontà può cambiare la realtà”. Questo il messaggio che sta dietro ogni passo, ogni parola, ogni battuta messa in scena nello spettacolo di denuncia sociale. THAT’S MY JOB. Protagonista della serata il LAVORO, affrontato con ironia, sarcasmo e tanto talento. Nello spazio MIL, una vera e propria “fabbrica museo”, lo spettatore è accompagnato in un percorso tanto didascalico quanto emozionale: nel foyer si è accolti dall’installazione  dell’artista Syd Minus, opera prima sperimentale alla Biennale di Venezia, dal titolo whorework. Suona una sirena. Si cambia scena. Eccoci coinvolti in una classica giornata in fabbrica tra lavoratori in tuta blu e capoccia in giacca e cravatta. Tensioni, urla, rabbia nei confronti di un sistema che condanna la meritocrazia e valorizza la precarietà, sfociano nello spettacolo vero e proprio in cui attori, danzatori, comici e persino due operai della “Breda” creano con i loro linguaggi storie da raccontare e interpretare. Quello che lascia la serata allo Spazio MIL sono un pizzico (anche qualcosa in più di un pizzico) di speranza e coraggio. La speranza trasmessa dai loro corpi, dai loro sguardi, dalle loro voci, dalle loro e dalle nostre risate. Speranza perché si può, perchè si vuole. Coraggio perché oltre alla passione, tanta acclamata, quello è il loro lavoro. Era palese.

È attuale anzi quotidiano, ritrovi elementi con cui hai a che fare tutti i giorni.

C’era tutto. Geniale. C’era la Musica e chi era a fianco a noi aveva il piedino a ritmo che non si fermava, c’era la danza, ed erano anche i nostri corpi a viverla, c’era la riflessione e gli sguardi tra il pubblico ne erano testimoni…..c’era il lato comico, risate e sorrisi li hanno sottolineati……poi c’era altro, perché c’è sempre qualcosa in più che si può vedere e percepire….ma lo lasciamo a voi. Il nostro altro è un corpo che si esprime, se parla, se ride, se danza, se fa musica, se ti guida, se fa parte di un gruppo, se c’è sostegno, se trova sostegno…..grazie no parking company.

MOVING TARGET – Ballet National De Marseille

mOVING tARGETMUOVERSI.

Prima ancora di scegliere una direzione presuppone uno spostamento di peso da un piede all’altro. I piedi, sono le nostre fondamenta. Accolgono tutto il nostro peso. Avete mai provato a osservare i vostri piedi mentre si muovono da sotto? Moving Target vi propone questa prospettiva, e non solo. Un’ ottica insolita che fin dall’inizio suggerisce di provare a guardare fuori dal solito schema frontale, per aprire un limite che solitamente si impone ai nostri sguardi. Si vede un movimento reale ma che è allo stesso tempo digitale, un movimento fluido su alcuni corpi e rigoroso in altri. Si colgono linee spezzate ma lo sguardo attento non può che cogliere la trasformazione verso curve sempre più rotonde. L’architettura e l’organizzazione dello spazio è concreta, determinata e percepibile, ma nasconde anche dell’intangibile. Per non smentirsi sull’ottiche diverse si arriva alla visione dei corpi danzanti attraverso uno specchio calato dal soffitto a 45°. I corpi appaiono appesi mentre in realtà sono al pavimento….Moving target perché il movimento non ha una sola prospettiva, e non basta saperlo bisogna sperimentarle tutte.

Coreografie: Frédéric Flamand

Scenografia e video : Diller+Scofidio